Esiste nel dizionario inglese una parola per indicare l’insieme di caratteristiche, tanto reali quanto sentimentali, che fanno di un determinato oggetto un rappresentante autentico di quel che significa essere americani e di tutto quel che concorre a delineare e ad arricchire l’essenza dell’America stessa: americanness, formata dall’unione dell’aggettivo “american” e dal suffisso “ness”, utilizzato per dare assolutezza e astrattezza.
Ecco dunque pronta la parola che più di ogni altra racchiude l’anima della musica e dell’atteggiamento dei Creedence Clearwater Revival e del loro Green River, pubblicato il 3 agosto 1969 a pochi mesi dal fortunatissimo Bayou Country, che con oltre mezzo milione di copie vendute decretò insieme al successo di John Fogerty e compagni anche la nascita dello swamp rock, ossia di quello stile che mescola alla polvere della Lousiana il blues degli anni ‘50, il sole della California e la psichedelia ruvida e carnosa tanto in auge in quegli anni.
Questo più di ogni altra cosa tratteggia il carattere e la forza motrice del gruppo, schietto e trasparente nell’esprimere ed esasperare tutta quella americanness abilissima nel dipingere con appena un paio di accordi il grano del Kansas, il fango del Mississippi, le strade secche e infinite che collegano le generazioni, le ore e le stagioni tra i pieni di benzina, le birre, gli insetti e il silenzio inerme di un altro giorno che finisce tra brandelli infuocati e pensieri spaziosi.
L’intero album Green River mantiene e manifesta americanità con una coerenza tale da riuscire a delineare paesaggi e sonorità con un linguaggio che poco ha a che fare con tentativi ed esperimenti tipici e legittimi in una qualsiasi rock band, poiché fa di quella americanness un’impronta inconfondibile, una vera e propria natura.
Facciamo allora partire Tombstone Shadow e lasciamoci trasportare dalla camminata decisa e vanitosa della chitarra ritmica, dalle provocazioni di quella solista e dalle rughe che increspano la voce mentre si libera insieme agli scenari e agli umori di un’America viva, tanto più reale quanto più immaginata.
C.