ARITMIE episodio 16

Melissa Aldana

Con i suoi primi quattro album la sassofonista Melissa Aldana ha sviscerato ed elaborato le possibilità creative della sua formazione tipo: il trio con contrabbasso e batteria. Un trio del genere centralizza il sassofono in maniera totale mettendolo in un ruolo tanto protagonista quanto pericolosamente esposto. La storia del jazz è costellata di grandi esempi, dai trio di Sonny Rollins fino ai più recenti lavori di Steve Lehman o Mark Turner, che Melissa ha studiato e fatto propri a tanti livelli. Nel nuovo progetto Visions il pianista Sam Harris si aggiunge al gruppo e la tavolozza di tonalità che ne esce sembra dare ancora più slancio ai fraseggi sinuosi del trio. Partendo da un legame indissolubile tra suono, colore, spazio ed ascolto, Melissa esplora così nuove vie sia compositive che performative ed insegue in maniera ancora più direzionata il suo personale percorso di appropriazione artistica. Lo slancio viscerale con cui la sassofonista costruisce la sua strada attorno alle linee dell'armonia è espressione di una mira chiara e calibrata verso lo scioglimento del più grande ed antico cruccio artistico: essere davvero sé stessi. Una scelta di appartenenza e di solitudine che Melissa non ha mancato di chiarire in numerose interviste e che permea la musica di tutto l'album. Essere o non essere?

 

La musica di Melissa Aldana è potente e trasparente e a seconda del punto di ascolto in cui ci si pone rivela diverse bellezze. Così, sulle ali del grande jazz, si esplora la mutevole realtà del presente distillandola in piccole narrazioni, personaggi, scenari e sensazioni fugaci che all'occorrenza non mancano di colpire duro, tanto con la forza quanto, ancora più duro, con un po' di fragilità. Visioni appunto. Il suo sassofonismo è un mix del velluto di Hank Mobley e della liquidità di Joe Henderson, ma è carico anche di una più moderna violenza ritmica non priva di ironia. La ricerca costante di equilibrio attorno alla quale si muove l'arte da che mondo è mondo e di cui il jazz si è fatto paladino, con Melissa assume una dimensione tanto musicale quanto estremamente umana. Lei stessa dichiara: «questo album è più che altro sul sentimento dell'accettazione, sul fatto di abbracciare chi si è e cercare di ritrarlo in musica». Non è un caso quindi che Aldana abbia portato in Visions due brani ispirati all'artista Frida Kahlo. Frida è una figura cara a Melissa ed era già stata scelta come perno del suo precedente lavoro su commissione. La Kahlo incarna un ideale di accettazione di sé e di adesione alla scelta dell'arte che ha dato a Melissa interessanti spunti di riflessione, compositivi e narrativi, trasversali ai linguaggi artistici.

 

Il brano di oggi, La Madrina, rievoca in maniera sospesa e suggestiva uno spirito che riverbera tra le scelte di un'esistenza. La distribuzione spaziale di diverse linee sonore (qui complice Joel Ross al vibrafono) traccia una sequenza temporale nella vita della Kahlo costellata di una infinità di ben noti bivi che il fantasma convoglia nello stesso grande dilemma: vivere o morie. Se il brano parla così chiaramente di Frida, allargando un po' il campo visivo ci accorgiamo che tutti gli elementi indagati appartengono tanto a lei quanto all'autrice. Si tratta infine di concetti chiave del vivere prima ancora che dell'arte: la coraggiosa accettazione di sé stessi e la completa adesione alle proprie scelte di vita; i fantasmi di quando si chiudono gli occhi e quelli che rimangono quando li si riapre. Vivere o morire. Da Shakespeare a Frida Kahlo fino all'infuocato fraseggiare di Melissa Aldana: Essere o non essere? Essere, senza mezze misure.

 

G.